I PERSONAGGI

Prima lo shock, poi la reazione: «E Francesca Calvo non la fermava nessuno»

Nadia Minetti e l'emergenza a fianco del sindaco «che non voleva i container»

Nadia Minetti prende servizio all’ufficio stampa del Comune il 29 ottobre. La giovane giornalista, oggi in pensione, non sa che un paio di settimane dopo l’attende il periodo più impegnativo della sua vita, non soltanto dal punto di vista professionale. Perché l’alluvione del ’94 rappresenta uno spartiacque tra il prima e il dopo, una tragedia che ti cambia la vita e che non dimentichi, neanche trent’anni dopo. 

Nadia, nella sua casa di Acqui Terme, domenica 6 novembre, cerca di farsi un’idea di quello che potrebbe essere capitato ad Alessandria, che nei notiziari nazionali non compare mai tra le zone colpite all’esondazione del Tanaro anche se, alla trasmissione radiofonica ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, il sindaco Francesca Calvo lancia alla Protezione civile un appello per «avere dei canotti» che dovrebbe aiutarla a comprendere che cosa l’aspetta al rientro in ufficio. 

 

«Lunedì mattina il Comune era al buio – ricorda Nadia – e la Calvo si era trasferita in via Lanza, nella sede della Polizia municipale, dove mi convoca per darmi il mio primo incarico: “Guardi  di fare quello che può”. Comincio a capire che cosa è capitato». 

Pensare a dei comunicati stampa o a convocare i giornalisti è – tanto per usare un eufemismo – prematuro, anche perché le uniche notizie sull’alluvione ad Alessandria, fino a quel momento, le ha date Radio Gold, che trasmetteva da Valenza. L’emittente Telecity ha raccontato l’acqua che arrivava nei suoi uffici, ma poi è stata costretta a interrompere le trasmissioni, che avrebbe ripreso soltanto dopo aver rimesso in funzione gli impianti. La radio, insomma, è il mezzo più diretto per parlare alla gente. 

192 i miliardi stanziati a favore della città

Nadia MinettiVia Lanza, per Nadia Minetti, diventa il suo nuovo ufficio e a casa non si va. Con lei c’è Francesca Calvo, «che i primi giorni era sotto shock, veramente. La reazione più forte l’ha avuto Dario Pavanello, assessore alla Protezione civile, che non ha dormito per cinque giorni, sempre in contatto con i radioamatori. Ha parlato ininterrottamente, è andato a casa soltanto quando è rimasto senza voce». Con lui anche Giancarlo Borromeo, che aveva la delega ai Lavori pubblici: «Erano più forti di lei – ammette la Minetti – ma poi, quando ha preso in mano la situazione, non la fermava più nessuno. Ha soltanto avuto, a un certo punto, un cedimento nervoso che l’ha portata a non sopportare più i giornalisti, Rai compresa, che non era da lei. A quel punto interveniva Borromeo». 

La prima conferenza stampa nazionale è l’8 novembre e da quel momento Francesca Calvo si trasforma nella macchina da guerra che tutti hanno conosciuto. Con una preoccupazione: «Nel suo obiettivo di modulare gli aiuti c’era quella di non ricevere i container: altrimenti “non ce li togliamo più”». 

Oltre ai centri di raccolta cittadini, arriverà un treno per ospitare gli sfollati e sul terreno del campo di atletica viene allestita la tendopoli della Croce Rossa: «Ma la svolta  sarà l’arrivo degli alpini», come sottolinea l’allora ingegnere capo di Palazzo Rosso Marco Neri. Il dirigente comunale aveva toccato letteralmente con mano, con l’architetto Enrico Pelizzone, già nella sera di domenica, gli effetti della piena del fiume nella zona di San Michele, a bordo di un’auto con l’acqua che supera l’altezza delle ruote: «Abbiamo seguito la linea di mezzeria fino a che abbiamo potuto, ma poi siamo stati costretti a fermarci quando abbiamo visto che il livello della piena ci impediva di proseguire. Quando il Tanaro si è ritirato abbiamo scoperto che il bordo era franato con l’argine. Abbiamo corso un bel rischio». 

 

Tornando agli alpini, l’ingegner Neri prende atto che la nuova Protezione civile è quella che sta nascendo in quei giorni ad Alessandria: «La presenza di un reparto che non ha bisogno di niente e si muove con efficienza e rapidità, era in quel momento fondamentale. Il volontariato è importantissimo ma va organizzato». Gli aiuti, nella città alluvionata, arrivano da tutta Italia, a cominciare dai Ranger di Bergamo ai Vigili del Fuoco di Bolzano, per finire alle altre zone della penisola. L’elenco completo sarebbe lunghissimo. E poi il sostegno economico, da parte di enti ma anche aziende, come ad esempio la Barilla che mette a disposizione 500 milioni di lire: «Francesca però si è soprattutto resa conto di avere dietro di sé anche il Comune: voglio solo ricordare – ci tiene a sottolineare Neri – che il 6 mattina tutto l’Ufficio tecnico si è presentato al comando dei vigili pronto a uscire. Questa cosa l’ha sconvolta e da quel momento è iniziato il suo nuovo rapporto col personale, nel senso che aveva capito chi erano quelli che potevano rispondere e quelli che non l’avrebbero fatto».   

«Una casalinga di Torino ha avuto un attaccamento alla città che non ho mai più riscontrato negli anni a venire» 

Maroni e i fondi per la ricostruzione

I fondi per rilocalizzarsi aiuto fondamentale per le imprese del territorioFrancesca CalvoIl sindaco di Alessandria fa valere i suoi buoni rapporti con l’allora ministro dell’Interno Maroni per far convogliare nella città colpita da quel flagello i fondi per la ricostruzione. Ricorda Neri: «Nel ’93 il Comune aveva impegnato dai 6 ai 7 miliardi di lire per le opere pubbliche, dopo l’alluvione siamo partiti con 30-40 miliardi all’anno».


In totale, saranno 192 i miliardi stanziati a favore della città alluvionata, 72 per i privati, 120 per opere pubbliche e prime e seconde case, a cui se ne devono aggiungere altri 40 per i ponti. Ne beneficia l’intera città. L’8 marzo del 1995, ad esempio, parte l’appalto per i lavori in via San Giacomo della vittoria e la giunta approva il piano di ricostruzione, che il 6 novembre dello stesso anno viene presentato in una mostra nel foyer del teatro comunale: «Una casalinga di Torino – ci tiene a sottolineare la Minetti – ha avuto un attaccamento nei confronti della città che non ho mai più riscontrato negli anni a venire. Ci teneva a ricostruire e a rimettere Alessandria all’onor del mondo. Voleva il ponte Meier come simbolo di questa rinascita. E pensare la sua idea di ricostruzione è stata definita “troppo scolastica”…». 

Roberto Gilardengo

Giornalista professionista, Roberto Gilardengo è stato direttore de Il Piccolo per 18 anni, dopo aver ricoperto la funzione di caporedattore della testata. Classe 1956, ha raccontato Alessandria attraverso le diverse collaborazioni che ha svolto nel suo lungo percorso professionale - corrispondente della Gazzetta del Popolo, di Tuttosport e collaboratore de Il Lavoro di Genova - ma soprattutto dalle pagine del giornale della provincia in cui ha ricoperto diversi ruoli prima di passare a funzioni direttive. Per il 'Piccolo' ha curato l'editing di numerose pubblicazioni e ha seguito le varie fasi che hanno portato al suo restyling grafico e al cambio di formato. Prima ancora, il passaggio dal piombo alla fotocomposizione e alla videoimpaginazione. Ha firmato in prima persona alcuni 'Quaderni' editi dalla Fondazione Cassa di Risparmio con tema la città capoluogo e i centri zona visti attraverso l'osservatorio dei giornali, cartacei e digitali. Fa parte della giuria del premio giornalistico 'Franco Marchiaro'.

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