ALL'OSTERIETTA
Mattana: «Ci considerava area golenale: follia». Le auto portate inutilmente in salvo. I lavori all'argine, l'impegno del Comitato
ALESSANDRIA – Quella volta si sfiorò la rissa e l’assessore se la vide brutta.
«Per forza: disse che noi dovevamo rassegnarci perché l’Osterietta è una zona golenale e, come tale, destinata ad accogliere l’acqua del fiume. Potevo mica far finta niente. E così mi sono ribellato».
Armando Mattana, ancora adesso che ha 55 anni, vanta un fisico tipico di quelli da cui è meglio stare lontani, se si arrabbiano.
In realtà il presidente del comitato Noi dell’Osterietta è buono d’animo. Solo che anche l’uomo più mansueto può perdere le staffe se gli si tocca il proprio territorio che, anziché essere protetto, viene declassato.
Per fortuna, ad anni di distanza, possiamo dire che l’Osterietta di golenale non ha nulla. E che, anzi, ora è protetta da un argine che, in grado di contenere una portata d’acqua piuttosto significativa, dovrebbe garantire sicurezza e scongiurare una replica di quanto accadde nel 1994.
Quella domenica, l’acqua cominciò a invadere la strada alle 6.15 della mattina. «Dal Tanaro tornava indietro l’acqua nel tracciato del vecchio rio Loreto. Alle 7 c’era chi portava via le auto, credendo di riuscire a metterle al riparo nella zona della cascina Cavallera, che è leggermente più in alto. Ricordo però che Novelli, il proprietario della tenuta, disse: ‘Stavolta non so mica se siamo al sicuro’… Purtroppo aveva ragione. Verso le 12.30, dal Tanaro era già arrivato un metro e mezzo d’acqua. E, in pochi secondi, lo steccato che, a casa mia, divideva il cortile dal giardino è sparito dalla vista».
Il massimo della piena si registrò alle 16.30: 3 metri e 60 centimetri
«Quasi tutti quelli dell’Osterietta, compresi i miei vicini di casa – ricorda Mattana – sono stati salvati con l’elicottero. La mia famiglia fu recuperata dai vigili del fuoco, arrivati in gommone. Uno di loro, non so se per smorzare la tensione o per sincerità, disse: ‘Stavolta ci è andata bene, oggi ci siamo già rovesciati due volte’. Ho voluto considerarla una battuta».
Il gommone “attraccò” all’altezza dell’intersezione fra via Pavia e via Porcellana. «Da lì raggiungemmo Alessandria a piedi: uno scenario apocalittico. Per qualche ora, inoltre, non riuscivamo a trovare mio padre: per fortuna era stato tratto in salvo e portato alla scuola di Polizia, dove si prestavano soccorsi agli sfollati».
Gli alluvionati dell’Osterietta (zona che, comunque, conta un centinaio di famiglie) si sono sempre sentiti messi in secondo piano, rispetto ad esempio a quelli degli Orti e di San Michele. Anche per questo, nel 1997, alcuni residenti decisero di fondare un comitato (Noi dell’Osterietta, appunto), inizialmente presieduto da Antonio Tedesco, desideroso di rilanciare la zona, partendo da una modifica del piano regolatore, cosa complicata perché mancavano quei requisiti di sicurezza che, col tempo (e coi lavori), sono stati raggiunti. «Tant’è che ora siamo in Fascia C» dice Mattana, certificando i passi avanti effettuati, «anche la se tranquillità assoluta non c’è mai».
Già, anche perché dopo l’alluvione del 1994, ci sono stati allagamenti nel 1997 e nel 2000. Nel 2009 l’acqua raggiunse il metro e 10. Nel frattempo, qualcuno ha approfittato dei benefici dati a chi decideva di rilocalizzarsi. «Ma c’è stato anche chi ha fatto capannoni da altre parti, mantenendo quello all’Osterietta che, invece, avrebbe dovuto abbandonare» dice, in toto polemico, Mattana.
«I soldi, in verità, sono arrivati e le opere di sicurezza le si possono vedere», aggiunge, dando il merito a tutti quei residenti che si sono impegnati in prima persona per fare da pungolo alle autorità.
Dopo Tedesco, il comitato è stato presieduto dalla battagliera Patrizia Zorzan, che poi ha ceduto l’incarico a Mattana: «Ora siamo silenti, ma se ci sono problemi siamo pronti a schierarci» dice, ricordando, ad esempio, di avere affiancato il comitato di Valmadonna nella battaglia (vinta) contro l’impianto a biogas.
«Parlando di alluvione, ci sono molte persone che andrebbero ricordate – chiosa Mattana – Penso alla Zorzan, certo, ma anche a Graziella Zaccone Languzzi, alla famiglia Gandini, a Bruno Soro, scomparso quest’anno, oppure a Sergio Kalcic… E con loro altri, molto spesso ai margini quando si consegnano attestati. Invece, con la loro opera hanno davvero contribuito alla ricostruzione della città».
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