IN PROVINCIA
Da Masio ad Alluvioni Cambiò, il Tanaro ha invaso la pianura. Danni alle infrastrutture ma, per fortuna, nessuna vittima
ALESSANDRIA – Alessandria, certo. Da Astuti agli Orti, da San Michele all’Osterietta, è stato il capoluogo a pagare il prezzo più alto in fatto di danni e, naturalmente, di vittime.
Ma l’alluvione del novembre 1994 ha colpito pesantemente tutti i paesi lungo l’asta del Tanaro, dal confine con la provincia di Asti alla confluenza col Po.
Masio guarda il fiume dall’alto. Ma la zona del campo sportivo è sulla sponda destra, tra pioppeti e quella vegetazione che t’aspetteresti in un’area golenale. Tutto è stato allagato. Esattamente come, sulla riva opposta, la zona bassa di Felizzano, dove forse ci si illudeva di trovare protezione dall’argine della ferrovia. Macché. I binari sono stati scavalcati e la parte inferiore del paese è andata sott’acqua: oltre 50 le famiglie che sono state costrette a lasciare la propria abitazione. Sei mesi dopo, quattro erano ancora ospitate altrove.
Dalle autodenunce dei felizzanesi risultavano danni per quasi tre miliardi di lire, di cui poco meno di due per i beni immobili. 66 milioni sono stati raccolti con una sottoscrizione pubblica.
Il bestiame portato con l’elicottero. Danneggiate 846 aziende agricole. Qualche chilometro più in là, c’è la frazione Bottara di Solero, che i più chiamano Tripoli, memori della vecchia colonia elioterapica di epoca fascista. Il fiume è a pochi passi. Quel 6 novembre è entrato nelle case, nelle cascine, nelle floride aziende agricole.
Nel 1994 si contavano 60 nuclei famigliari (“molti di una sola unità”): ognuno ha ricevuto 500mila lire dall’opera pia Grattarola. Altri hanno beneficiato di contributi da associazioni della Lombardia, terra d’origine dell’allora parroco don Giuseppe Biasiolo.
Oltre Alessandria, Montecastello. Un paese fragilissimo, non per colpa del fiume, ma della friabilità della roccia su cui poggia la parte alta del borgo. Il Tanaro ha avuto come bersaglio soprattutto l’acquedotto. Vigili del fuoco e Croce rossa hanno provveduto, per molti mesi, a rifornire gli abitanti di acqua potabile.
Anche Pietra Marazzi, e la frazione Pavone, sono ad “altezza di sicurezza” rispetto al Tanaro. Che, però, nella zona pianeggiante è uscito eccome. E non solo quel 6 novembre, perché gli allagamenti lì si sono ripetuti, per la disperazione dei (pochi) residenti e del gestore di un locale periodicamente alle prese coi problemi. Che ora paiono finalmente risolti con l’innalzamento di un argine di protezione.
L’argine a Piovera c’era, ma non è servito a sufficienza. Le cronache di allora ci raccontano che la diga principale era alta 5 metri ma che in essa si è creata una falla di 120 metri, bastevole per invadere una trentina di case e danneggiare infrastrutture, dalle fognature alle strade.
Più seri i problemi ad Alluvioni Cambiò, paese che ora è unito a Piovera tramite fusione, ma che nel 1994 era accomunato alla località limitrofa dai disagi creati dal Tanaro.
Sono state soprattutto le frazioni Grava e Mortariolo ad esse colpite: si parlava di “danni per alcuni miliardi” e “dell’80% delle abitazioni colpite”.
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