LA TRAGEDIA SFIORATA
Il rischio di una seconda alluvione accelera l’iter per l’abbattimento. Che scatta il 7 agosto dello stesso anno
“Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi, informato dell’esito dell’incontro avvenuto lo scorso 7 maggio alla presenza di rappresentanti della Regione Piemonte, della Provincia e del Comune di Alessandria, della Prefettura, del Dipartimento della Protezione Civile, della Soprintendenza per i Beni Architettonici del Piemonte, dell’Autorità di Bacino e dell’Agenzia Interregionale per il fiume Po, ritiene ineludibile che si provveda al più presto all’abbattimento del Ponte Cittadella di Alessandria, misura indispensabile per la sicurezza della città e dei suoi abitanti.
La struttura, come la stessa Soprintendenza riconosce prendendo atto delle valutazioni della Protezione Civile, non risulta infatti più adeguata a sostenere nuove eventuali ondate di piena del fiume Tanaro”.
È l’11 maggio 2009 quando dal Mibac arriva la nota che mette la pietra tombale sulle discussioni, ormai annose, in merito all’abbattimento del ponte Cittadella per motivi di sicurezza. Poco meno di tre mesi dopo – è infatti il 7 agosto – le ruspe entrano in azione
«C’era in tutti noi la consapevolezza che non si poteva fare altrimenti – ricorda l’allora primo cittadino, Piercarlo Fabbio – Il 27 aprile di quello stesso anno, infatti, sfiorammo un’altra tragedia, dopo quella del 1994».
Che cosa accadde?
«Il livello del Tanaro si alzò a livelli molto preoccupanti. Tanto che Arpa, in un momento, valutò addirittura di abbattere la storica struttura attraverso un’esplosione controllata, minando le arcate, per evitare che facesse da diga alla piena in arrivo. Il timore, infatti, era che in quel momento l’acqua del fiume potesse entrare anche a monte della città, invadendo la stazione e il centro storico, oltre a un’ondata spaventosa sugli Orti. Secondo i calcoli degli esperti della Regione, saremmo potuti arrivare a una portata di ben 3.900 metri cubi al secondo, valori che il Cittadella non avrebbe mai potuto reggere, perché al massimo si poteva stare sui 3.600 metri cubi. Ma poi c’era da considerare tutto il materiale trasportato dall’acqua, ovvero legna, tronchi, detriti di vario tipo che andando a sbattere sui piloni avrebbero potuto provocare un disastro».
Come si evitò l’abbattimento?
«Noi tenemmo duro, ma se le previsioni Arpa non fossero migliorate avremmo potuto fare ben poco. Gli artificieri erano già stati allertati. Invece, per fortuna, il bollettino emesso dopo poco tempo fu meno catastrofico del previsto: così, ordinari l’evacuazione di 5mila persone dal rione Orti e andai a parlare direttamente con la gente, che non voleva lasciare le proprie case per timore di furti e sciacallaggio. Li convinsi, quasi tutti almeno, facendo vedere un presidio fisso e costante delle forze dell’ordine, predisponendo al contempo un punto di ritrovo alla caserma Valfrè».
Il Tanaro, poi, non esondò…
«La piena fu minore alle attese – conferma Fabbio – passò nel corso della notte e potemmo dare l’ordine alle famiglie di rientrare nelle loro abitazioni. Se ci ripenso ancora oggi, furono ore drammatiche, perché al di là della paura relativa all’eventuale alluvione a distanza di appena cinque anni dall’altra, far evacuare 5 mila persone ha un impatto enorme. Su chi lo chiede, su chi lo deve fare, su chi aiuta la gente coinvolta».
La scampata tragedia del 2009 diede però l’accelerata decisiva all’abbattimento del vecchio ponte…
«La Protezione civile e il suo capo Franco Barberi ci diedero una sorta di ultimatum. Non solo: la Giunta aveva già dato il suo via libera alla costruzione di un nuovo ponte, che sarebbe stato ovviamente il Meier. Il cui progetto era stato acquistato ma non ancora saldato, per una cifra di 2/3 milioni di euro. Una volta fatta la scelta, occorreva trovare i fondi necessari alla realizzazione».
Chi li mise?
«Chiedemmo alla Protezione civile di darci una mano. Una somma pari a quasi 8 milioni di euro l’avevamo già ricevuta da altre istituzioni, ma l’Amministrazione Scagni – precedente alla mia – pensò di sottofondare alcune pile del Cittadella e usò proprio quei soldi… Ci troviamo quindi a discutere per settimane con la Protezione civile (e non solo), fino a quando nel mese di luglio ci rechiamo a Roma per siglare il Protocollo d’intesa tra la Protezione civile stessa, la Regione Piemonte, la Provincia e il Comune di Alessandria: obiettivo, abbattere la vecchia struttura e portare a termine l’idea di Richard Meier. Nell’occasione, ovviamente, parlammo pure di fondi e della ripartizione tra i vari enti per arrivare alla cifra necessaria».
Arriviamo dunque alla fatidica data del 7 agosto 2009, quando le ruspe entrano in Tanaro per abbattere il ponte Cittadella davanti a decine e decine di alessandrini:
«L’iter fu molto rapido – ammette l’ex sindaco – anche perché Barberi ci disse in pratica che i fondi sarebbero arrivati non appena andata giù la vecchia struttura… Io assistetti all’abbattimento della parte centrale, ma pochi giorni dopo fummo trascinati al Tar. Eravamo però in periodo di ferie e non si poteva giudicare. Allo stesso modo, non potevamo restare con i lavori a metà, tanto ormai avevamo iniziato. Così il presidente fece un’abdizione per venire incontro alle esigenze sia nostre che dei ricorrenti e nell’audizione potei esprimermi».
Si ricorda cosa disse?
«Dissi semplicemente al giudice di mettersi nei miei panni. Avevo dovuto evacuare 5mila persone, su richiesta di enti dedicati alla sicurezza idrogeologica avevamo aperto il cantiere per abbattere il Cittadella e non si poteva rimanere in quella situazione a metà, con il rischio di ritrovarci in autunno con i medesimi problemi. Agisca – mi appellai – secondo il principio di precauzione. E così fu, tanto che diede il via libera a terminare le operazioni».
Restano però dei ‘cimeli’…
“Fu la Soprintendenza a chiederci di tenere due tronconi. Ebbi pure qualche idea in merito, perché ad esempio quello verso la città, secondo me, poteva essere in qualche modo collegato attraverso il cantiere del secondo lotto del Meier, che però più nessuno ha sviluppato, e prevedeva una discesa a quota zero, con la fruizione del fiume attraverso una sorta di piattaforma. Ugualmente, qualcuno immaginò di poter attraversare il Tanaro su una passeggiata posata sulle vecchie arcate rimaste, ma pure quest’idea venne accantonata».
Lei pose la simbolica prima pietra del Meier…
“Sì, feci una cerimonia con cui consegnai il cantiere. A quel punto, nessuno sarebbe più potuto tornare indietro. Alla fine, è stata realizzata un’opera che a me non dispiace, così come allora non mi dispiacque immaginare di dare a un architetto di fama internazionale l’opportunità di realizzare qualcosa ad Alessandria. Peccato solo non esser stato invitato all’inaugurazione, nell’ottobre 2016 …».
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