NOVEMBRE 2016: ALESSANDRIA SALVA PER 35 CENTIMETRI
«Una comunità intera si unì dietro la mia decisione. E senza il Meier…»
Ore 2.20 della notte tra venerdì 25 e sabato 26 novembre 2016: dopo ore di paura e la piena (quasi) contemporanea di Bormida e Tanaro che avevano portato il sindaco Rita Rossa alla decisione di evacuare 7mila persone dal quartiere Orti e non solo, l’ingegner Condorelli di Aipo pronuncia le parole che tutti – nella Sala emergenze della Protezione civile allestita in Prefettura, ad Alessandria – stanno aspettando. «Il Tanaro, stabile da un’ora e mezza, sta finalmente iniziando la sua curva di discesa. Possiamo dire che la piena è andata. E che il peggio è passato».
Alessandria, per soli 35 centimetri, ha scampato la sua seconda alluvione nel giro di poco più di vent’anni. A tanto arrivò infatti il livello del fiume in quelle drammatiche ore all’altezza del muraglione del ponte Tiziano. Due spanne frutto dei lavori di messa in sicurezza realizzati fino ad allora, ponte Meier compreso.
L’allora primo cittadino ricorda come fosse oggi quei momenti: «Iniziammo a preoccuparci seriamente nel tardo pomeriggio. Con l’allora presidente del Consiglio comunale, Enrico Mazzoni, monitorammo costantemente e per l’intera giornata i due fiumi. Ben sapendo che il Bormida, a carattere torrentizio, poteva innalzarsi rapidamente come accaduto pochi anni prima, nella notte di Natale del 2013. Ci recammo però pure sul Meier e, sapendo che nella sua parte centrale è stata disegnata quell’ogiva per ascoltare il rumore dell’acqua, pensai di sentire chissà quale frastuono. Invece, arrivammo lì e non dimenticherò mai il ‘rumore del silenzio’. L’acqua era ferma, immobile. E abbiamo capito che le cose sarebbero di lì in poi peggiorate rapidamente, perché il Tanaro non era più in grado di ricevere».
Cosa successe a quel punto?
«Ci recammo in zona Orti dove si trovano alcune pompe Amag, che già si stavano allagando. Alcuni addetti erano al lavoro e io mi diressi verso il muraglione, sporgendo la mano appena oltre: l’acqua era lì».
Quando prese la decisione di evacuare il rione Orti?
«Ci recammo subito in Prefettura per coordinarci con gli altri enti. Intanto era giunta sera e mi tenevo in contatto con il vice comandante della Municipale, Alberto Bassani, che nell’area situata alle spalle del PalaCima, dove iniziammo a posizione delle enormi ‘bag’ di sabbia per contenere una eventuale fuoriuscita dell’acqua all’altezza del sottopasso, perché peraltro avevamo avuto notizia dei primi allagamenti alla Canottieri e dintorni. Il mio timore, però, era su quello che sarebbe potuto accadere agli Orti, all’ospedale, al Centro Borsalino…».
Rossa ricorda attimo per attimo quei frangenti: «Nei momenti più difficili, ovviamente, un sindaco è solo con il peso della responsabilità di una decisione da prendere. Il prefetto Tafuri mi chiese cosa volessi fare e risposi di voler evacuare gli Orti. Chiami tutti i media, che ebbero un ruolo importantissimo in quell’emergenza, i miei assessori e i consiglieri comunali: tutti arrivarono a Palazzo Ghilini, compresi i membri dell’opposizione, per fare la propria parte. Io dissi loro cosa stavamo per fare, spiegando che preferivo creare un disagio ma avere la certezza di salvare delle vite. E tutti capirono».
Erano le 21.40 di venerdì 25 novembre 2016: partirono le operazioni per l’evacuazione di 7mila persone dagli Orti e dai residenti di zona Piscina, LungoTanaro, Osterietta e Borgo Cittadella.
Come si procedette?
«Tutto si svolse con grande collaborazione da parte degli alessandrini e con una grande azione corale di Polizia locale, Protezione civile, Forze armate, enti… Una comunità intera si stava riconoscendo in una decisione che io avevo preso. Comunicando molto, forse per la prima volta in assoluto, pure con i social media: usai la mia pagina Facebook per tenere informata la popolazione minuto per minuto, cercando insieme ai media di non creare allarmismo ma di raccontare esattamente ciò che stava accadendo».
Otto anni fa la città non finì sott’acqua per una manciata di centimetri. Resta iconico uno scatto che pubblicammo su “Il Piccolo”: la prima arcata dello storico ponte Cittadella sommersa dalle acque del Tanaro, mentre la piena del fiume scorre poco più in là grazie all’esistenza del Meier.
Cosa sarebbe potuto succedere?
«Il Cittadella, con la portata raggiunta dalle acque in quell’episodio, sarebbe stato scavalcato. E non voglio neppure pensare alle conseguenze. Il Meier ha rappresentato un elemento strutturalmente adeguato all’evento. Ma occorre pure dire che chi si è impegnato in difesa della vecchia struttura, lo faceva evidenziando la necessità della creazione di alcune casse di laminazione a monte della città. Che ancora oggi non ci sono».
I lavori per la messa in sicurezza del territorio, peraltro, considerando anche il nuovo Pai necessiterebbero di decine e decine di milioni di euro… «Gli interventi non sono terminati, lo sappiamo perfettamente – concorda Rossa – E bene fa il sindaco Abonante a chiedere con insistenza a Regione e Stato di fare la loro parte, perché quanto fatto finora ha dimostrato di rispondere nella maniera migliore alle esigenze, ma non basta. Il cambiamento climatico è ormai realtà e i fenomeni che stiamo vedendo negli ultimi anni sono sempre più dirompenti e improvvisi. Quando diedi il via libera alla ripartenza della costruzione del ponte Meier, di fatto fermo alla prima simbolica pietra, lo feci con la consapevolezza che tornare indietro e ridiscutere il progetto avrebbe significato rimandare tutto di almeno dieci anni. Ma la sicurezza di Alessandria viene prima di ogni polemica politica».
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